Alla base della quarta rivoluzione industriale c’è l’innovazione tecnologica, in particolare, l’Internet of Things (IoT) basato sull’RFID (Radio Frequency Identification), che attraverso l’uso delle radiofrequenze consente di identificare e tracciare in modo automatico e univoco ogni oggetto o prodotto su cui è stata applicata l’etichetta. Grazie alla sua capacità di aprire opportunità inedite per aziende di produzione e retailer l’RFID sta vivendo un nuovo slancio, ed entro il 2021 saranno 25 miliardi gli oggetti taggati con RFID, e quindi connessi all’IoT. Ma come emerge dal progetto di GS1 Italy, condotto con l’RFID Lab dell’Università di Parma, se le prospettive sono rosee e le possibilità enormi stanno emergendo anche i problemi.
Un mondo sempre più connesso, trasparente e sostenibile
“Chi ha implementato e sta utilizzando la tecnologia RFID riconosce il grande valore che crea, portando informazioni in tempo reale sullo stato degli oggetti, per ottimizzare i processi, ridurre gli sprechi, aumentare le vendite e migliorare i livelli di servizio – spiega Antonio Rizzi, full professor, industrial logistics & supply chain management dell’Università di Parma -. In un futuro prossimo l’applicazione e l’evoluzione delle tecnologie IoT apriranno orizzonti finora inesplorati, abiliteranno nuovi paradigmi di supply chain, e ci aiuteranno a costruire un mondo sempre più connesso, trasparente e sostenibile”.
Serve uno standard condiviso
Ma senza standard condivisi l’RFID in sé non abilita la piena interoperabilità tra sistemi e la scalabilità dei progetti. Nel momento in cui il business aumenta, e ci si interfaccia con nuovi clienti e mercati di scala sovralocale, l’adozione da parte delle aziende di sistemi proprietari diventa inefficace e insufficiente.
“È per questo che GS1 ha sviluppato l’Electronic Product Code (EPC), uno standard che identifica in modo univoco e inequivocabile i singoli prodotti”, spiega Linda Vezzani, GS1 visibility and RFID standards specialist di GS1 Italy. In pratica l’EPC è una sorta di codice fiscale di ogni prodotto, che permette di identificarlo in modo univoco, catturare le informazioni lungo tutta la catena di approvvigionamento e renderle disponibili attraverso le onde radio.
Grandi potenzialità per le aziende: tre case history
Le potenzialità dell’utilizzo della tecnologia RFID con standard GS1 condivisi sono enormi, e i risultati per le aziende capofila di questo approccio sono interessanti. Qualche esempio? La case history di Decathlon, che ha adottato lo standard EPC/RFID a livello di item su tutti i prodotti presenti negli store, e del Gruppo Bonterre, che l’ha applicato su ogni unità logistica. In entrambi i casi sono stati raggiunti benefici in termini di aumento della visibilità lungo la supply chain, della produttività, dell’affidabilità e del controllo degli stock di magazzino. Significativo anche il caso del Giappone, dove nel 2017 il governo ha avviato una sperimentazione con l’obiettivo dichiarato di arrivare a inserire il tag RFID su tutti i prodotti entro il 2025, abbassandone il costo a circa uno yen.