Occupazione record, ma non per i giovani

Per la prima volta dal 2012, la disoccupazione è sotto la soglia del 10%, attestandosi al 9,7%. Secondo i dati Istat  relativi al mercato del lavoro italiano ad agosto 2018 il tasso di occupazione è arrivato al 59%, con più 69.000 occupati rispetto a luglio. Un record mai registrato nel nostro Paese. Almeno dal 1977, anno in cui si è dato il via alle rilevazioni. Ma non è tutto oro quello che luccica. Gli esperti puntano il dito in direzione della qualità del lavoro, e soprattutto verso la natura dei contratti che hanno portato così in alto il tasso di occupazione. In particolare i contratti a termine, mai stati così tanti dal 1992. Ma il vero problema è ancora la disoccupazione giovanile.

I disoccupati tra i 15 e i 24 anni sono il 31%

Se infatti nella fascia di età tra i 50 e i 64 anni si è arrivati a oltrepassare il 60% di occupazione, per quanto riguarda gli under 24 la situazione non migliora, anzi, peggiora. Rispetto a luglio la disoccupazione giovanile è aumentata dello 0,2%, portando così al 31% i disoccupati tra i 15 e i 24 anni.

“Il forte scollamento tra mondo della scuola e mondo del lavoro continua a pesare fortemente sui dati relativi all’occupazione giovanile”, spiega Carola Adami, CEO e founder dell’agenzia di ricerca e selezione del personale Adami & Associati. Del resto il gap tra domanda e offerta di lavoro è destinato a crescere ulteriormente, nonostante la ripresa che gli stessi dati Istat dimostrano in modo piuttosto palese.

“L’Italia non forma un numero sufficiente di professionisti nel campo Itc”

“Le aziende italiane, in piena digital trasformation, sono alla ricerca di figure Ict formate ed esperte, in grado dunque di accompagnare questa evoluzione interna – sottolinea Adami – purtroppo, però, alcune di queste ricerche sono destinate a restare insoddisfatte, in quanto l’Italia, a oggi, non forma un numero sufficiente di professionisti nel campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”. Del resto sono gli stessi numeri a dimostrare il fatto che i laureati in ingegneria, seppure in aumento, sono ancora troppo pochi, anche per via dell’alto tasso di abbandono degli studi (che sfiora il 60%). Ed è per questo motivo che le aziende italiane faticano non poco a individuare figure come i Data Analyst, i Web Developer, e i System Engineer.

Il paradosso del mercato del lavoro

Si ripropone dunque il paradosso del mercato del lavoro italiano: laddove molti giovani continuano a ricercare un’occupazione le aziende si sfidano l’un l’altra per assicurarsi i pochi talenti formati dalle scuole e dalle università italiane.

Ai primi non resta che lavorare sulle proprie competenze, fissando obiettivi realizzabili, mentre le seconde devono ottimizzare i processi di ricerca e di selezione, per non lasciarsi sfuggire i, pochi, professionisti in grado di supportare l’evoluzione digitale.