Alexa, 4 anni di successo in Italia

Secondo l’analisi condotta da GFK con ServicePlan sui Best Brands 2022, quest’anno Alexa è rientrata nella classifica Best Product dei 10 brand più amati dagli italiani. Da 4 anni Alexa è un’insostituibile compagna per i suoi clienti italiani, che dal 2018 hanno generato oltre 17 miliardi di interazioni, di cui 8 miliardi avvenute solo nel 2022.
“A confermare questo successo sono le continue dimostrazioni di affetto da parte degli utenti in tutta Italia, che si affidano quotidianamente ad Alexa per gestire le proprie giornate, dal risveglio fino alla buonanotte”, dichiara Gianmaria Visconti, Country Manager di Amazon Alexa in Italia.

Dalla sveglia alla shopping list i numeri delle interazioni

Quest’anno gli italiani hanno utilizzato Alexa per impostare 800 milioni tra sveglie e timer, 120 milioni di promemoria e 45 milioni di shopping list, e hanno effettuato tramite Alexa 28 milioni di chiamate. Ma gli utenti contano su Alexa anche per conoscere le previsioni del tempo (135 milioni di volte nel 2022), oppure per un aiuto in cucina, con 8 milioni di ricette richieste, o per riprodurre musica (400 milioni di ore). A livello regionale, sebbene la Lombardia sia la prima regione in Italia per utenti attivi, è il Molise la regione con la maggior crescita di utenti attivi nel 2022 (+56%), mentre sono soprattutto i campani ad aver scelto Alexa per la gestione della casa intelligente (62%). E se Roma è la prima provincia italiana per numero di interazioni, Agrigento ha registrato la crescita più significativa (+63%).

Funzioni sempre più smart

Al lancio del 2014 negli Stati Uniti Alexa aveva 13 funzioni disponibili, mentre oggi ne vanta centinaia. All’inizio parlava una sola lingua, oggi invece è disponibile in oltre 75 Paesi e in 9 lingue diverse, e può anche rilevare più lingue nello stesso momento, oltre a essere in grado di cambiare voce con una maschile. In più, grazie allo sviluppo di skill di terze parti, che oggi ammontano a oltre 130mila nel mondo e oltre 5mila in Italia, Alexa continua a diventare sempre più smart. Grazie a questa continua evoluzione, le case degli utenti in Italia stanno diventando sempre più connesse. L’interazione vocale rappresenta il modo più semplice di interagire con la tecnologia: nel 2022 in Italia sono state oltre 1,8 miliardi le interazioni tra i dispositivi intelligenti e Alexa.

Oltre 6 milioni di ore risparmiate

Perché gli utenti hanno trovato proprio nell’assistente vocale di Amazon un punto di riferimento così importante nella propria quotidianità? Perché Alexa è intuitiva per tutti, capisce e interagisce indipendentemente dall’accento, dall’età o dalla familiarità del singolo con la tecnologia. Ed è anche proattiva: sono infatti oltre 600 milioni le azioni svolte tramite Routine da Alexa al posto degli italiani, i quali quest’anno hanno risparmiato oltre 6 milioni di ore impostando timer con Alexa anziché utilizzare lo smartphone, o chiedendole di riprodurre la propria canzone preferita invece di cercarla tra i vari provider. O ancora, spegnendo e accendendo le luci comodamente dal divano con il solo comando vocale.

Ristorante: se etico e green è molto meglio

Sapere che un locale è attento all’ambiente, utilizza prodotti biologici, magari a km zero, e riduce la sua impronta ambientale attraverso l’uso di energia green, lo fa preferire a un ristorante che offre un menu migliore. Da quanto emerge da un’indagine condotta dall’Università Popolare degli studi di Milano, non è solo il cibo a indirizzare le scelte dei consumatori quando si parla di ristoranti, ma anche la sostenibilità e l’eticità. Per il 71% degli intervistati la sostenibilità infatti incide fortemente nella scelta del ristorante. Ma un altro aspetto importante per i clienti è anche l’eticità con cui viene trattato il personale. Sapere che un ristoratore tratta in modo corretto i propri collaboratori è motivo di preferenza per circa 2 intervistati su 3 (61%).

“Un team soddisfatto e appagato lavora meglio”

“Un team soddisfatto e appagato lavora meglio e produce di più e si sente maggiormente coinvolto nel business, prendendone più a cuore anche i risultati – commenta Emiliano Citi, Ceo & Founder di RistoBusiness -. E questo genera vantaggi per entrambe le parti, che sono apprezzabili già nel breve periodo: da un lato, l’imprenditore ha entrate più alte, dall’altro, il maggior flusso di cassa garantisce ai collaboratori un lavoro regolare e ben retribuito”.
Un esempio di questo ragionamento è proprio la sede che ospiterà Restaurant for Future, organizzato da RistoBusiness a Fico, il grande parco del cibo a Bologna.
“Mentre in tutta Italia bar e ristoranti sono in grandi difficoltà per i costi da sostenere in questo periodo di crisi, dentro Fico i ristoratori non subiscono il caro bollette grazie al modello energetico virtuoso del parco”, spiega Stefano Cigarini, amministratore delegato di Fico Eataly World.

Fico: un esempio di sostenibilità “a metro zero”

“Fico è un esempio di sostenibilità non solo per le sue caratteristiche strutturali, ma anche per l’impiego di materiali compostabili da parte di tutti i suoi operatori e per il suo sistema circolare ‘a metro zero’ – aggiunge Stefano Cigarini -: le eccellenze alimentari prodotte dalle fabbriche di Fico vengono infatti utilizzate e somministrate da tutti i ristoratori delle diverse aree: una sorta di grande mercato condiviso nel rispetto della sostenibilità a 360°”.

L’Ape blu: la stella Michelin della cucina etica

Sono oltre 700 gli imprenditori della ristorazione che saranno presenti a Restaurant for Future, riferisce Adnkronos. Tra i relatori, il divulgatore scientifico Luca Mercalli e Federico Quaranta, conduttore radio e tv. Tanti i temi che verranno messi sul tavolo, dalle prospettive future a cosa fare per uscire dalla crisi. Tra le proposte anche l’introduzione del bollino Ape blu, che indica la sostenibilità per i ristoranti, come le stelle Michelin fanno con la qualità della cucina e del servizio. Si parlerà poi anche di rincari energetici e delle materie prime, che stanno costringendo molte attività alla chiusura, la difficoltà nel reperire personale, ma anche la questione del lavoro nero.

Settimana della moda: il conversato web di Parigi e Milano a confronto

La moda è un argomento tra i più diffusi sui social, da sempre attenti alle nuove tendenze in ambito fashion. Con la conclusione della Parigi Fashion Week, avvenuta lo scorso 4 ottobre, il team digital & social listening di BVA Doxa,tramite la piattaformaTalkwalker, ha comparato il conversato relativo alla settimana della moda di Milano e Parigi. La share of voice relativa alle rispettive Fashion Week segna la netta predominanza del conversato generato da Parigi, che tra blog, news, social network e forum copre il 77% del traffico complessivo attinente i due eventi.

Parigi punta su Instagram

Per storia e tradizione la Fashion Week di Parigi è da sempre considerata l’appuntamento più prestigioso, poiché vanta il calendario più lungo e un maggior numero di maison partecipanti. La maggior risonanza prodotta dalla Fashion Week parigina appare ancora più evidente dall’andamento del conversato nel tempo, che raggiunge il picco massimo il 2 ottobre, con oltre 71mila post, mentre la Fashion Week milanese stabilisce il suo record il 23 settembre (13.000 risultati).  Altri fattori hanno però contribuito ad alimentare ulteriormente il conversato in rete intorno a questo evento. La Parigi Fashion Week punta molto su Instagram (oltre 740mila follower) e non fa ricorso a Facebook, agganciandosi ai canali della Fédération de la Haute Couture et de la Mode, come Twitter (12,4mila utenti).

Milano: un unico account su Twitter

La Milano Fashion Week nel suo sito web rimanda invece a un unico account, quello su Twitter (oltre 17,3mila follower), e sfrutta i canali della Camera di Commercio della Moda, come Facebook (oltre 110mila seguaci), mentre Instagram è ancora inattivo. Entrambe le manifestazioni hanno aperto però un canale su Weibo, il social network più diffuso nella Repubblica Cinese. A determinare il boom di conversato sulla Parigi Fashion Week sono però anche gli account social delle personalità koreane del mondo K-Pop, un trend già rilevato, seppur in misura più contenuta, anche durante la Fashion Week milanese.
Un’altra motivazione è ricondotta al clamore mediatico suscitato dal video della sfilata finale del brand Coperni, al centro del post più interagito sulla Parigi Fashion Week. La clip, pubblicata sul canale TikTok di Vogue Magazine, ha totalizzato oltre 10 milioni di visualizzazioni, e più di 1,4 milioni di like.

Il fattore “wow”   

Anche nel caso della Fashion Week di Milano il fattore ‘wow’ ha esercitato il suo fascino sul pubblico social: il contenuto che ha generato l’engagement maggiore riguarda la sfilata di Gucci. Il post su TikTok ha generato 20 milioni di visualizzazioni e più di 540mila like. Non è un caso che i contenuti più virali del web provengano da TikTok: il mondo della moda è il comparto che forse più di tutti sta sfruttando le potenzialità del social per parlare al pubblico della GenZ, il più attento alle nuove tendenze. Tanto che spesso è fonte di ispirazione per le case di moda alla ricerca di nuovi trend, e rappresenta la clientela del futuro.

Perchè 2 italiani su 3 sorridono a “bocca chiusa”?

Lo studio Italiani e sorriso, commissionato da Straumann Group, evidenzia il ruolo chiave della bocca per gli italiani. Secondo il 37% degli intervistati, la bocca rappresenta una delle parti più intime del corpo, per il 29% è uno strumento indispensabile per comunicare, e per il 21% è una parte del viso da curare all’esterno e all’interno. Innumerevoli, poi, le sue funzioni: parlare (30%), mangiare (25%), baciare (20%), trasmettere uno stato d’animo (19%). Ma sono molteplici anche gli stati d’animo che le persone manifestano attraverso la bocca, felicità (67%), sorpresa/stupore (59%), perplessità (56%), disaccordo (41%) e tristezza (45%).
Se è proprio il viso, e in particolare la bocca, a esprimere lo stato d’animo, è il sorriso il vero specchio dell’anima. Lo pensa, rispettivamente il 34% e il 38% degli italiani.

Il “buon” sorriso si vede dalla bocca 

La bocca, quindi, è la traduttrice simultanea più versatile dei nostri stati d’animo e nel ventaglio delle sue possibilità espressive il sorriso occupa il primo posto. Ma l’indagine rivela che il 61% degli italiani sorride a bocca chiusa, mentre soltanto il 39% lo fa a bocca aperta.
“Il sorriso a bocca chiusa si carica di significati – commenta Katia Vignoli, docente alla Scuola di specializzazione in psicoterapia e alla Scuola di Naturopatia dell’Istituto Riza -: tenere la bocca chiusa è sbarrare l’accesso al mondo, e mima un grande ‘No’ alla vita. Aprire la bocca, invece, non è solo respirare, mangiare, parlare – aggiunge Vignoli -, è un grande ‘Sì’ alla vita: significa permettere alla vita di entrare dentro di noi, consentire a noi stessi di uscire arricchiti o trasformati da questo scambio”.

Quando i denti generano insicurezza

Quali sono le ragioni per cui gli italiani, quando sorridono, non mostrano i denti? Insicurezza legata all’aspetto fisico (67%), disabitudine legata all’uso della mascherina (63%), timidezza (60%) e poca cura della cavità orale (56%). Quest’ultimo è un aspetto che potrebbe essere migliorato e che secondo l’indagine, induce emozioni negative nelle persone consapevoli di non avere un sorriso curato, quali insicurezza (59%), imbarazzo (43%), vergogna (39%) e malumore (33%). Di contro, una bocca curata fa sentire più belli (67%), più sicuri con gli interlocutori (55%) e in salute (51%), oltre a migliorare l’autostima (47%).

Il ruolo della pandemia e dell’uso della mascherina

Per il 31% delle persone, la mancata cura della propria bocca è strettamente correlata al periodo pandemico e all’uso della mascherina. Il 27% attribuisce invece le ragioni al costo delle visite dentistiche oppure a problemi economici, il 20% a una minor frequenza con cui ci si rapporta alle persone, mentre il 15% a un’attenzione bassa per l’igiene. L’indagine rivela però che il ‘trend negativo’ è a un punto di svolta: il 61% degli italiani si prenderà maggiore cura della propria bocca, per via della diminuzione delle misure restrittive, l’uso meno frequente delle mascherine e l’aumento degli incontri in presenza, con un conseguente probabile incremento dei sorrisi.

Via libera al caricabatterie unico dal 2024, e l’ambiente ringrazia

Addio a matasse di cavi per ricaricare gli ormai innumerevoli device elettronici che ognuno di noi possiede. Il Parlamento Europeo ha infatti votato la legge che permetterà agli utenti di utilizzare presto un unico caricatore per i loro dispositivi elettronici. Entro la fine del 2024, tutti i telefoni cellulari, i tablet e le fotocamere in vendita nell’Unione Europea dovranno essere dotati di una porta di ricarica Usb-c. Dalla primavera 2026, l’obbligo si estenderà ai computer portatili. Il Parlamento a Strasburgo si è espresso in modo compatto, con un totale di 602 sì, 13 no, 8 astenuti. 

Un cambiamento epocale

Questa novità legislativa non è un atto da poco, anzi: indipendentemente dal produttore, tutti i nuovi telefoni cellulari, tablet, fotocamere digitali, auricolari e cuffie, console per videogiochi portatili e altoparlanti portatili, e-reader, tastiere, mouse, sistemi di navigazione portatili, cuffiette e laptop ricaricabili via cavo, che operano con una potenza fino a 100 Watt, dovranno essere dotati di una porta USB-C. E, come anticipato, dal 2026 questa normativa riguarderà anche i computer portatili.

Più facile per gli utenti

In sostanza, ai consumatori basterà un solo caricabatterie universale per alimentare tutti i dispositivi. Si tratta di un’innovazione comoda anche per la ricarica rapida, dato che tutti i device che la supportano verranno ricaricati alla medesima velocità. Tra l’altro, questa decisione porterà anche importanti vantaggi in termini di costi: i consumatori potranno arrivare a risparmiare fino a 250 milioni di euro l’anno sull’acquisto di caricabatterie ormai inutili, peraltro evitando di immettere nell’ambiente circa 11mila tonnellate di rifiuti elettronici.

Benefici per la salute e l’ambiente

La nuova legge rientra in un impegno più ampio dell’Unione Europea a ridurre i rifiuti elettronici e a fare scelte sostenibili, per la salute dei cittadini e per quella dell’ambiente. Lo conferma la Sima, Società italiana di medicina ambientale (Sima), che commenta attraverso le parole del presidente, Alessandro Miani: “I rifiuti elettronici sono la categoria di rifiuti che cresce più velocemente nell’Ue e ogni anno in Europa vengono prodotte circa 51mila tonnellate di rifiuti elettronici, 44,7 milioni di tonnellate nel mondo, con un impatto negativo sull’ambiente considerato che i dispositivi elettronici ed elettrici gettati contengono materiali potenzialmente nocivi che generano inquinamento e aumentano i rischi per le persone addette allo smaltimento”. In Italia si stima che ogni cittadino produca circa 16,6 kg di rifiuti elettronici all’anno, ma raramente si esegue un corretto smaltimento di tali prodotti: nel nostro Paese solo il 32,1% dei rifiuti elettronici viene riciclato, contro una media Ue di circa il 40%. “Sul tema sono stati fatti enormi passi avanti, col numero di caricabatterie elettronici passato dai 30 modelli diversi del 2009 alle 3 tipologie standard attualmente in commercio – aggiunge Miani all’Adnkronos -. L’introduzione di un caricatore universale, quindi, avrà innegabili vantaggi sul piano ambientale, perché permetterà di abbattere le quantità di rifiuti elettronici prodotte ogni anno da cittadini che utilizzano smartphone, tablet e altri apparecchi”.

e-commerce: l’identikit delle aziende italiane nel 2022

La piattaforma di marketing intelligence di CRIF ha delineato l’identikit delle aziende di e-commerce italiane nel 2022. Secondo i dati CRIF, le oltre 70 mila aziende che vendono online sono costituite principalmente da società di capitali (53,6%), contro un 29,5% di imprese individuali e un 15,2% di società di persone. Si tratta prevalentemente di aziende di piccole dimensioni, con un fatturato che quasi nel 90% dei casi risulta inferiore ai 5 milioni di euro. Nell’80% circa dei casi hanno meno di 10 dipendenti (meno di 5 nel 64% del totale). La pandemia ha fatto compiere all’Italia un salto evolutivo di 10 anni verso il digitale, in particolare sul fronte dell’e-commerce. Nel 2022 infatti gli acquisti online sono stimati in crescita del +14% (45,9 miliardi di euro), rispetto ai 27 miliardi del 2018.

Hanno sofferto meno la crisi, fatturati e dipendenti in crescita 

In questi ultimi anni difficili, queste aziende hanno sofferto meno la crisi: il 31% di società di capitali ha registrato addirittura un fatturato in crescita nell’ultimo biennio, e nel 30% dei casi si tratta di realtà in crescita anche come numero di dipendenti. Il settore di appartenenza prevalente è quello del commercio all’ingrosso e al dettaglio (51,7% del totale), seguito da attività manifatturiere (17,5%), agricoltura (5%), servizi di informazione e comunicazione (4,6%), e attività dei servizi di alloggio e ristorazione (3,5%). La localizzazione geografica vede al primo posto la Lombardia (18% del totale), seguita da Lazio (9,9%), Campania (9,5%), Veneto (8,8%) ed Emilia Romagna (8,4%).

Più virtuose dal punto di vista della rischiosità commerciale

Da sottolineare anche come le aziende di e-commerce italiane risultino anche più virtuose dal punto di vista della rischiosità commerciale, con una quota di aziende caratterizzate da un livello di rischio molto basso, quasi il doppio rispetto alla media italiana (16,7% del totale vs 9%). Analizzandole sulla base di due score proprietari di CRIF, che misurano la digital attitude e il livello di innovazione, emerge che rispettivamente nel 74% e nel 72,3% dei casi mostrano un grado elevato di digitalizzazione e innovazione.
“Segnali positivi che danno fiducia anche per quanto riguarda la capacità di queste imprese di fronteggiare una situazione economica e geopolitica ancora difficile e incerta”, commenta Simone Capecchi, Executive Director CRIF.

Per loro, contributi a fondo perduto fino al 40%

“Nel contesto del PNRR – continua Capecchi -, lo sviluppo del commercio elettronico delle Pmi in Paesi esteri costituisce uno dei titoli degli strumenti finanziari previsti dal Piano, con contributi a fondo perduto fino al 40% per lo sviluppo piattaforme di e-commerce e di web marketing. E i player finanziari possono giocare un ruolo fondamentale nel supporto alle imprese in questo percorso di sviluppo digitale. Per farlo, è fondamentale una conoscenza approfondita delle imprese stesse, messa a disposizione agevolmente da piattaforme che valorizzino l’intero ecosistema di dati e analytics”. 

Italiani preoccupati per l’inflazione: come si contrasta il caro vita?

Una delle principali preoccupazioni attuali degli italiani – già comunque “provati” dalla pandemia, dalla situazione internazionale e nazionale, dall’aumento delle materie prime – è l’inflazione, che sembra aver preso il galoppo. Complici le diverse situazioni ben note a tutti, resta il fatto che i nostri connazionali sono in tensione per quanto riguarda il loro presente e l’immediato futuro. Ovviamente, i timori riguardano l’aumento del costo di beni e servizi nei prossimi sei mesi, e il conseguente rischio di dover rivedere il proprio stile di vita. Insomma, la preoccupazione per l’inflazione in Italia nel 2022 è elevata, come rivelano gli ultimi sondaggi e osservatori di Ipsos.

I principali timori 

Ipsos evidenzia che, con riferimento alla propria situazione finanziaria, il 77% degli intervistati a livello globale manifesta  preoccupazione per l’aumento dei prezzi di beni e servizi nei prossimi sei mesi. Non solo: il 56% è preoccupato per la propria capacità di pagare bollette di luce gas, specialmente nei mercati emergenti. Tra le economie consolidate, in Gran Bretagna il 67% degli intervistati esprime preoccupazione. Il 54% è preoccupato di non riuscire più ad acquistare beni e servizi che compravano abitualmente. Le percentuali più alte si registrano in Turchia (80%), Sud Africa (73%) e Argentina (69%). Ma quali saranno i maggiori rincari, e in quali settori, secondo l’opinione pubblica? In media, a livello internazionale, il 76% dei rispondenti prevede un aumento del costo dei prodotti alimentari. Una percentuale simile (73%), invece, prevede un aumento del costo di luce e gas e il 71% del costo della benzina per gli autoveicoli. Le aspettative dell’opinione pubblica sull’aumento dei prezzi nel 2022 sono più elevate nelle categorie a maggiore impatto. Sei intervistati su dieci affermano che l’aumento dei prezzi relativo alla spesa alimentare avrebbe un impatto ancor più negativo sulla qualità della vita, seguiti dal 51% che considera l’impatto derivante dall’aumento del prezzo dei servizi pubblici e del carburante (42%).

Le azioni per contrastare gli aumenti

Le potenziali azioni dei consumatori per fronteggiare il peso dell’inflazione e l’aumento del costo della vita sono focalizzate sul taglio delle spese considerate superflue e non necessarie. Se l’aumento dei prezzi significasse non poter più permettersi l’abituale stile di vita, quasi la metà degli intervistati (46%) afferma di diminuire la spesa per attività di socializzazione (cinema, bar, abbonamenti ai media, etc…) e il 44% di ritardare importanti decisioni di acquisto (mobili, automobili, elettrodomestici, etc…). Meno probabili, invece, sono le azioni incentrate sul cambiamento dei comportamenti: tre su dieci affermano che, a fronte di costi crescenti, consumerebbero meno energia o utilizzerebbero di meno l’automobile per risparmiare carburante (entrambi il 29%) e un quarto cercherebbe di risparmiare sulla spesa alimentare (26%). Anche i cambiamenti nell’occupazione sono meno comuni. Tra i lavoratori dei 28 Paesi esaminati, in media, soltanto il 18% cercherebbe un’occupazione maggiormente retribuita presso un altro datore di lavoro e il 12% afferma che chiederebbe un aumento di stipendio.

Mercato dei mutui, è boom per i variabili con cap

Si registra un vero e proprio boom per i mutui variabili con cap, sempre più spesso preferiti dagli italiani che devono scegliere un finanziamento per l’acquisto della casa. A rilevarlo è una recente indagine condotta da Facile.it e Mutui.it, che evidenzia come l’aumento dei tassi di interesse stia cambiando sensibilmente il mercato. Infatti a luglio 2022, circa 1 domanda di mutuo su 3 era per un variabile con cap, percentuale notevole se si considera che fino a pochi mesi fa 9 aspiranti mutuatari su 10 puntavano al fisso. Oggi invece, riferisce l’analisi realizzata dai due comparatori, nel mese di luglio sono calati al 24% del totale richieste, mentre la quota di quelli a tasso variabile si è attestata intorno al 42%.

Cosa sono i mutui variabili con cup

A spegnare di cosa si tratti è Ivano Cresto, Managing Director prodotti di finanziamento di Facile.it: “Oggi le opzioni a disposizione dei consumatori sono più numerose rispetto al passato; oltre al tasso fisso e variabile si stanno diffondendo rapidamente soluzioni ibride come, ad esempio, i mutui variabili con cap, che prevedono un’oscillazione degli interessi ma con un tetto massimo per la rata mensile. Si tratta di prodotti più complessi e meno conosciuti rispetto a quelli tradizionali e per questo il consiglio è di affidarsi a consulenti esperti che sappiano guidare il richiedente nella scelta della soluzione più adatta”. In questo momento più che mai, infatti, è importante scegliere il mutuo più conveniente, dato che sul fronte dell’andamento dei tassi i primi sette mesi del 2022 sono stati caratterizzati da un aumento del costo dei finanziamenti per la casa.

Identikit dell’aspirante mutuatario

Cambia l’identikit di chi ha presentato domanda di mutuo: nei primi sette mesi del 2022 l’età media dei richiedenti è scesa a poco meno di 38 anni, valore in netto calo rispetto ai 43 anni rilevati nel 2021. L’importo medio richiesto è aumentato del 2,1% su base annua, stabilizzandosi a 140.634 euro, mentre la durata media dei piani di ammortamento è salita a 25 anni (era 23 nel 2021). In calo, infine, il valore medio degli immobili oggetto di mutuo, sceso a circa 195.000 euro (-6% su base annua).
Da gennaio a luglio è stato registrato un aumento dei mutui per l’acquisto della prima casa, che rappresentano circa il 78% delle domande di finanziamento raccolte online; causa aumento tassi, invece, sono crollate le domande di surroga, scese a meno del 10% del totale.

Cresce l’uso di applicazioni cloud all’interno delle aziende: ma i dati potrebbero essere a rischio

Più di 1 utente su 5 (22%) carica, crea, condivide o archivia dati in applicazioni e istanze personali: Gmail, WhatsApp, Google Drive, Facebook, WeTransfer e LinkedIn sono classificate come le applicazioni e le istanze personali più utilizzate. Lo rivela il nuovo report “Netskope Cloud and Threat Report: Cloud Data Sprawl”, condotto da Netskope, che segnala che l’uso di applicazioni cloud all’interno delle organizzazioni continua a crescere: dall’inizio del 2022 è già aumentato del 35%. Un’azienda media tra i 500 e i 2.000 utenti carica, crea, condivide o archivia dati in 138 applicazioni diverse e utilizza una media di 1.558 applicazioni cloud distinte ogni mese. Ma l’uso di queste applicazioni produce una proliferazione dei dati che crea rischi per le organizzazioni in tutto il mondo.

I rischi per le aziende

Il report evidenzia inoltre una continua tendenza al rischio che proviene dall’interno dell’azienda (insider risk): il report ha rivelato che 1 utente su 5 (20%) carica una quantità insolitamente elevata di dati nelle applicazioni personali (come Gmail, WhatsApp, Google Drive, Facebook, WeTransfer e LinkedIn) nei 30 giorni che precedono la fuoriuscita da un’organizzazione, dato che segna un aumento del 33% per lo stesso periodo rispetto all’anno scorso.
“Le applicazioni cloud hanno contribuito ad aumentare la produttività e a consentire il lavoro ibrido, ma hanno anche causato una crescente proliferazione di dati che mette a rischio informazioni sensibili”, ha affermato Ray Canzanese, Threat Research Director, Netskope Threat Labs. “Le applicazioni e le istanze personali sono particolarmente preoccupanti, dal momento che gli utenti mantengono l’accesso ai dati archiviati in quelle istanze anche molto tempo dopo aver lasciato l’organizzazione. Le misure di sicurezza proattive, in particolare i controlli delle policy che limitano l’accesso ai dati sensibili solo agli utenti e ai dispositivi autorizzati e impediscono il caricamento di dati sensibili su applicazioni e istanze personali, possono aiutare a ridurre i rischi di perdita o esposizione di dati sensibili”.

Le applicazioni più utilizzate

Sempre più utenti stanno caricando, creando, condividendo o archiviando dati in applicazioni cloud: la percentuale di utenti con attività di dati nelle applicazioni cloud è aumentata dal 65% al 79% nei primi cinque mesi del 2022. Le categorie di applicazioni cloud più utilizzate all’interno delle organizzazioni sono quelle di Cloud Storage, Collaboration e Webmail.
Le organizzazioni utilizzano molte applicazioni con funzionalità che si sovrappongono: delle 138 applicazioni usate da un’organizzazione con 500–2.000 utenti per caricare, creare, condividere o archiviare dati, si contano in media 4 applicazioni Webmail, 7 applicazioni di archiviazione cloud e 17 applicazioni di collaborazione. Questa sovrapposizione può portare a problemi di sicurezza, come configurazioni errate, perdita di efficacia delle policy, e policy di accesso incoerenti.

Assicurazione auto: gli italiani puntano al risparmio

Le conseguenze del rialzo generalizzato dei prezzi si possono toccare con mano anche nella cosiddetta ‘economia reale’: la difficoltà a risparmiare è sempre più crescente per molti italiani. La difficile congiuntura economica, il rialzo dell’inflazione e i pesanti rincari sull’energia stanno infatti mettendo a dura prova la capacità di spesa delle famiglie. Ma se per contenere la spesa mensile generale molti tendono a tagliare beni e servizi considerati superflui, esistono alcuni costi fissi con cui è necessario continuare a confrontarsi. È il caso dell’assicurazione auto, in Italia obbligatoria per tutti coloro che possiedono un mezzo a motore, anche se non usato regolarmente. Per cercare di ridurre l’entità di questa spesa, gli automobilisti si stanno quindi rivolgendo alla rete per individuare le polizze caratterizzate dal miglior rapporto qualità-prezzo.

Come risparmiare grazie al web

Il web offre un grande aiuto nella gestione delle spese, soprattutto grazie alle possibilità offerte dai portali di comparazione. Un esempio è 6sicuro, realtà di riferimento nel settore attiva dal 2000, che propone un servizio a 360 gradi, affidabile e gratuito. Più in dettaglio, ogni assicurazione auto su 6sicuro viene selezionata guardando esclusivamente alle proposte più interessanti formulate dalle principali compagnie del settore. Il tutto con la possibilità di poter stipulare direttamente la polizza online. E questo si traduce in un risparmio ulteriore sui costi, poiché evita di dover passare per un intermediario ‘fisico’.

Le coperture accessorie più richieste

In Italia vige l’obbligo di assicurare il proprio mezzo a motore: tale stipula copre l’intestatario contro i danni derivati in caso di sinistro, tuttavia esistono anche altre garanzie, chiamate coperture accessorie, che possono essere molto utili, e in alcuni casi, anche fortemente raccomandate. È il caso della polizza contro furto e incendio, che tutela il contraente in forma diversa a seconda della tipologia di contratto che si decide di attivare. L’utente, ad esempio, può scegliere di sottoscrivere una copertura solo parziale, per cui la compagnia assicurativa risarcisce solo per un determinato importo. Il costo, ovvero il cosiddetto premio assicurativo, dipende da molte variabili, fra cui spicca il valore vero e proprio dell’auto.

La Kasko

Un’altra copertura accessoria molto richiesta è senza dubbio la Kasko, che tutela l’intestatario anche qualora sia responsabile dei danni provocati. Essa, inoltre, copre tutti gli incidenti che possono riguardare il veicolo, nonché i danneggiamenti accidentali.
Si può anche decidere di assicurare solo alcune parti dell’auto, magari quelle più fragili e più esposte agli incidenti. È il caso della polizza cristalli, che assicura i vetri della macchina qualora siano soggetti a un incidente o a un danneggiamento accidentale, come ad esempio la caduta fortuita di un oggetto.
Molti utenti, poi, in particolare quelli che fanno largo uso della vettura o che per lavoro devono guidare per molte ore, scelgono di sottoscrivere l’assicurazione che prevede l’assistenza in caso di guasto. In questo caso, il sottoscrittore potrà richiedere l’intervento di un carro attrezzi che recuperi l’auto rotta senza costi aggiuntivi.